Critica “In-comunicazione”

“Per comunicare efficacemente dobbiamo realizzare che siamo tutti diversi nel modo di percepire il mondo e utilizzare questa comprensione come guida della nostra comunicazione con gli altri”

L’arte nella sua concezione estetica è espressione dell’animo umano poiché rispecchia i pensieri dell’artista. Essa è quindi a tutti gli effetti un linguaggio comunicativo attraverso cui vengono scambiati e rilasciati messaggi che rispecchiano la volontà di chi crea.
Il messaggio visivo viene veicolato attraverso l’opera d’arte consentendo di poter evocare sentimenti, emozioni e luoghi, spesso irreali, coinvolgendo la sfera percettiva e sensoriale.
La mostra “IN-comunicazione” sottintende volontariamente ad una duplice lettura del suo significato indicando il bisogno oggettivo di comunicare e le difficoltà che si incontrano nel realizzarlo rendendolo impossibile.
Eppure, comunicare è un bisogno primario dell’uomo sia fisico che verbale ma, la nostra società, ci impone dei ritmi di vita frenetici ed eccessivi in cui raramente ci si sofferma a sentire davvero gli altri, distratti dai pensieri, dalla necessità impellente di rispondere ad un WhatsApp o ascoltare un vocale negando di conseguenza attenzione all’interlocutore.
Non ci rendiamo conto di essere sfuggenti, poco concentrati sulle parole e sulle azioni che mettiamo in atto per stabilire un contatto. La mostra gioca sulla falsariga, di comunicazione ed in comunicazione, o incomunicabilità, per sottolineare quanto sia precario e facile sfociare da un aspetto positivo del termine ad uno negativo.
Questo duplice significato tra un incontro ed un non incontro relazionale è un gioco di equilibri tra ciò che si vuole e ciò che si riesce ad ottenere pur avendone bisogno nella nostra quotidianità per capirsi, sentirsi apprezzati, relazionarci. D’altronde siamo bombardati da immagini video, tv, spot, social che ci mostrano come sappiamo bene diffondere messaggi virali creati in maniera mirata per acchiappare followers, utenti e clienti veicolando messaggi ben precisi e con grande sicurezza, ma poi, fuori dai quei contesti, perdiamo il contatto con il reale e non riusciamo ad avere la stessa spavalderia mettendoci in gioco. Gli ultimi anni trascorsi in pandemia, ci hanno dimostrato che utilizziamo la tecnologia spesso in maniera non consona e nascondendoci dietro uno schermo come protezione per le nostre insicurezze.
L’artista Simona Cavaglieri da sempre attenta alle tematiche riguardanti le relazioni umane, ha messo in atto un progetto espositivo che indaga in maniera apparentemente leggera le dinamiche esistenti tra individui. Per la galleria catanese, l’artista, ha creato un progetto che vuole sottolineare questo aspetto relazionale utilizzando l’espediente figurativo per raccontare la necessità di cambiare lo stato delle cose, per avvicinarsi gli uni agli altri, ascoltarsi di più.
Ed ecco allora come sia semplice vedere una giovane ragazza seduta su una sedia con un cellulare in mano immersa in una conversazione via WhatsApp escludendo dal suo mondo tutto ciò che la circonda, così una coppia che non sa bene come comunicare la voglia di avere un contatto fisico, prova ad abbracciarsi, impacciati e timidi, o due teneri amanti, o un gioco di forze tra uomini per trovare un punto d’incontro. I colori leggeri, il panneggio evidente e morbido riscaldano l’immagine diffondendo un messaggio non aggressivo ma sereno in cui tutto è sospeso in una bolla seguendo un percorso installativo che ci dona lo spaccato di tante situazioni diverse vissute nella quotidianità. Ecco come l’espediente artistico diventa veicolo di messaggi importanti che pur indagando l’animo umano, riescono ad immerge lo spettatore in un ambiente accogliente.
L’artista ha pensato ad una installazione site specif creando una sorta di antro immersivo in cui il fruitore è costretto ad attraversare mille volti femminili e si troverà costretto a sentire mille voci che lo circondano in cui le parole esprimono l’idea che ognuna di noi ha della comunicazione tra individui.
In mostra circa 6 opere su tela 90×110 cm ed una installazione ad hoc “Molti voci molti volti” una
sorta di antro composta da tanti lembi di tela stampata e tagliata 300×200 che ricompongono tanti
volti accompagnati all’interno da storie, parole e suoni”

 

A cura di Floriana Spanò